La stria
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In uscita il 24-10-2025
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Tra Cinquecento e Seicento, la Chiesa cattolica aveva sempre ragione.
O meglio: la Chiesa cattolica pretendeva di aver sempre ragione.
E questo perché c’era stato il Concilio di Trento (1545-1563) che aveva riaffermato che l’unica strada verso la salvezza era quella del cattolicesimo: venivano quindi bandite come eretiche e blasfeme tutte le Chiese riformate, che erano ormai molte, diffuse in molti stati dell’Europa e avevano seriamente messo in discussione la dottrina cattolica.
Ma non solo. Verso la fine del Cinquecento, anche all’interno della Chiesa cattolica ci furono delle riforme (ed è per questo che gli storici moderni non parlano di “controriforma”, ma di “riforma cattolica”), per cercare di riportare a sé i tanti cristiani che avevano ripudiato il cattolicesimo per diventare luterani, valdesi, calvinisti, anglicani e via così.
La Chiesa, insomma, voleva continuare a governare e a disporre di tutte le nozioni e dei princìpi che costituivano la conoscenza: la terra era al centro del mondo; il cannocchiale era uno strumento malefico. Infine, anche le malattie e le epidemie erano volontà di Dio e quindi la dottrina medica, che guariva le persone, era sospetta di complicità con il demonio: insomma, la guarigione era da ritenersi un reato.
Il sospetto, in effetti, non durava molto: si trasformava subito in condanna. Specialmente, poi, nella diocesi di Como dove erano continue le infiltrazioni delle dottrine riformate, che venivano dai vicini Grigioni, dalla Svizzera francese. Oppure, come accadeva ai valdesi, direttamente dalla Francia. E questo faceva sì che il sospetto si trasformasse subito in indiscutibile colpa.
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