INNOCENTIA ELOQUENTIA EST
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Unico documento dell’oratoria giudiziaria di età imperiale giunto integro alla modernità, la celebre orazione pronunciata da Apuleio di Madaura, nel 158/159 d.C., per difendersi dall’accusa di magia (Apologia sive pro se de magia liber) riceve in questo libro una completa analisi retorica e giuridica, che immerge il documento nella realtà viva del processo penale romano. La ricerca si divide in due parti. La prima ricostruisce le fasi preliminari della causa: la presentazione dell’atto di accusa davanti al proconsole d’Africa, la costituzione del collegio accusatorio, i momenti principali della raccolta delle prove che sarebbero state presentate nel dibattimento. Nella seconda parte l’orazione di Apuleio è invece studiata alla luce delle regole retoriche di composizione del discorso, con l’obiettivo di decostruirla e di fare emergere in controluce la struttura composita dell’atto di accusa. Ne emerge così che i capi d’imputazione, oltre al presunto incantesimo che ha reso celebre la biografia dell’imputato (quello cioè praticato contro la ricca moglie, un paio di anni prima del processo, per forzarla al matrimonio) comprendevano due altri episodi dello stesso genere. Emerge così nitidamente che il processo, dal punto di vista normativo, si reggeva su un senatoconsulto di età Giulio-Claudia, che aveva esteso la pena dell’antica lex Cornelia de sicariis et veneficis a condotte che trovano appunto corrispondenza nei capi d’accusa elevati contro Apuleio. |
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